Dopo l’articolo che conteneva la lettera di Demon Glam (Blue 188), ci riscrive per segnalare un suo blog, che a nostra volta vi segnaliamo con piacere: www.demonglam.splinder.
com.
Vi riproponiamo una parte del tema trattato in cuori di carne (Blue 189), che si allacciava al tema del travestitismo, nelle sue varie sfumature, proposto da Demon Glam il numero precedente. Avrete da dire la vostra? Il corpo che si trasforma di per sé o che viene trasformato, adornato, mutato di sesso... nessuna esperienza in questo senso?
«Abbiamo due anime, spesso, ed entrambe vogliono esistere, esprimersi, abbiamo molti corpi nel nostro, il corpo magro, sotto a quello grasso, il corpo forte e duro sotto a quello morbido e arrendevole, il femminile sotto al maschile, o viceversa.
Cerchiamo tra i nostri corpi quello giusto a ogni nuovo amante, a ogni amore. Se con l’uno siamo in un modo, con l’altro cambiamo, con il terzo viviamo cose che con gli altri non avremmo osato.
Travestirsi e cambiare sesso o sessualità, nei diversi rapporti, è un’estremizzazione di quello che facciamo con i sentimenti. Ci sono i desideri dell’altro, che si rapportano ai nostri e ci trasformano.
Il corpo, che in fondo si comporta sempre da quello che è, con le sue predisposizioni e le sue elasticità, scopre dell’altro. Assaggia sapori mai assaggiati, si piega in posture che pur assomigliandosi sono uniche, insegue ritmi e tempi nuovi.
Ognuno è amato per una sua particolarità, la carne elastica come pasta di pane, il biancore quasi malato della pelle, la molteplicità di nei a pioggia, l’osso sporgente, dove la pelle si assottiglia, la pancetta in cui affondare la faccia, i peli da annusare, la cicatrice da baciare, segno di un possibile passaggio all’interno, segno di fragilità, di umana sopravvivenza al dolore.
Alla nostra natura adattiamo altro, ci vestiamo in costume, per gioco fantastico, per feticismo, per trasformarci. Abiti, costumi, ruoli, tatuaggi, pitture, piercing, tagli, ingessature. Probabilmente dimentico ancora molto altro.
Parlo del nostro rapporto col corpo e con la nostra identità, nella vita e nel sesso, ovviamente.
Perché ci trasformiamo in infermiere o in furry, perché creiamo altre figure sulla superficie della pelle, distogliendo lo sguardo dall’osso, dal muscolo, rarefacendolo in schiuma, in onda in nuvola?
Insoddisfatti? Curiosi, cangianti? Succubi di un’idea? Liberi da una gabbia di carne?
Che fare del nostro corpo e di noi stessi? Adattarci, accettare, osare?»